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Impronte nel Tempo

Touba Ndjaye, 2008. La prima pietra

Ci sono storie che non iniziano con un annuncio ufficiale o con una grande donazione.

Ci sono storie che cominciano con una stretta di mano, una pala di terra, il sole negli occhi e la polvere tra le dita.



Nell’agosto del 2008, in un villaggio a cinque chilometri da Mboro, chiamato Touba Ndjaye, non c’era un ambulatorio, non c’era un medico, non c’erano cure.

Solo madri che percorrevano chilometri con i figli in braccio. Solo uomini e donne costretti a rimandare, a resistere, a sperare.

Quel vuoto è stato il punto di partenza.

Un piccolo gruppo di giovani volontari – Roberto, Paolo, Ignazio, Dario, Andrea, Pierpaolo – ha deciso che non bastava mandare aiuti da lontano.



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Bisognava esserci.

Fisicamente, umanamente, realmente.

Con mezzi semplici, strumenti essenziali, e una determinazione incrollabile, hanno alzato i muri della prima Casa de Santé del villaggio.


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Non un edificio qualunque, un luogo dove poter trovare ascolto, cura, e sostegno.

E mentre le mani lavoravano, i legami si intrecciavano.

Volontari e comunità locale, uniti da un progetto che era già futuro.

Un’impronta nel tempo.

La Casa de Santé è ancora lì.

Ci lavorano i nostri medici. Ci passano i bambini cresciuti, le madri che allora erano ragazze.

È un pezzo della nostra storia, è l’inizio di tutto.

E non ci siamo più fermati.

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Nel prossimo capitolo, vi racconteremo dei lavori eseguiti nelle missioni successive sempre in ambito medico e scolastico.

Perché, mattone dopo mattone, un villaggio cresce.



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